Gli amministratori che prestano attività all’interno dell’impresa non vanno computati ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
È quanto prevede la nota n. 7127 del 28/04/2015 con la quale il Ministero del lavoro, in risposta a un quesito della Dtl di Asti, chiarisce che per tali figure non sussiste la necessaria dissociazione tra la figura di datore e prestatore di lavoro e, conseguentemente, non è possibile computare tali soggetti nelle nella categoria dei «lavoratori», ai fini richiesti dalla legge. I soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società, non disponendo dei poteri datoriali tipici, dovranno essere invece computati ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo.
Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale è stato introdotto con la finalità di assicurare una più efficace azione di prevenzione, oltre che di repressione del lavoro sommerso, ma soprattutto ridurre l’incidenza degli infortuni sul lavoro. La constatazione dalla quale il Legislatore prende spunto è che l’integrità psico-fisica dei lavoratori possa essere garantita soltanto se alla base vi sia un’assunzione regolare, giacché il personale irregolarmente assunto non è stato verosimilmente addestrato ed informato sui pericoli che caratterizzano l’attività svolta.
Inoltre la norma stabilisce che non sia possibile adottare il provvedimento di sospensione anche nel caso di microimpresa ovvero nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa. In tali circostanze gli organi di vigilanza in via cautelare potranno disporre solo l’allontanamento del lavoratore fino a quando il datore di lavoro non abbia provveduto a regolarizzarlo.